25 gennaio, 2010

Storie e leggende alle radici del Tè

Apprezzato per millenni da imperatori, poeti, letterati, uomini di cultura e artisti, il tè è amico della meditazione ed immerge nella tranquillità. Fa volare l’immaginazione e conduce alla saggezza. Oggi come allora grazie alla sua rituale preparazione, gustare un buon tè significa godere del lusso del tempo che corre, del gusto per infinite sfumature di sapori e della voglia di viaggiare con il corpo e la mente verso terre lontane.

Il tè, che nasce dalla pianta di Camellia sinensis, ha origine nel sud-est della Cina nelle terre dell’Eterna Primavera, il bellissimo Yunnan. Si narra che il primo uomo a scoprire il tè sia stato tale Shen Nung, padre dell’agricoltura e imperatore dei cinque cereali. Nell’antichità la gente sapeva ben poco di questa pianta e fu lui a parlarne per primo, con funzione medicinale, nell’antichissimo libro del tè, lo Shen Nung Herbal, nel quale descrive che bevendo una tazza di tè ci si sente meno assonnati, più lucidi e in perfetto equilibrio. Agli inizi, questo elisir di lunga vita a differenza di beni preziosi come la seta e i cavalli, non era valutato come merce di scambio perché considerato dalla nobiltà un momento di svago e meditazione.
Fu solo sotto la dinastia Tang (618-960) che il tè venne riscoperto dal punto di vista commerciale per via delle ripetute insurrezioni che richiedevano l’impiego di moltissimi cavalli, e la seta da sola non era più sufficiente a pagare le spese. Il consumo del tè si estese così dalla corte imperiale alle campagne entrando nella vita di tutta la popolazione, differenziandosi tra le varie etnie cinesi con metodi di preparazione e consumo molto differenti. Si racconta che durante il governo Tang un tale propose a Hui He di barattare tè con preziosi cavalli, ma questi preferì offrirne addirittura mille in cambio del famoso e ricercato libro di Lu Yu, The Book of Tea, il monaco confuciano primo grande studioso del tè. Un libro che ha avuto profonda influenza su tutti quelli scritti successivamente.
Sin dall’antichità la cerimonia del tè in Cina - come si apprende dai testi di Lu Yu - non consisteva solo nella scelta delle foglie e del raccolto più o meno pregiato, ma anche nella selezione di altri elementi come un’acqua limpida e pura, attrezzi adatti ad esaltare il colore della bevanda, la scelta del luogo dove soffermarsi a preparare l’infuso e soprattutto l’occasione di condividere questo rito con altre persone che potevano apprezzarne la gioia. Buddismo e Taoismo poi, contribuirono vivamente alla sua diffusione: ai buddisti piaceva offrire una tazza calda di infuso perché pensavano evitasse alla gente tristezza e immobilità; mentre i taoisti credevano che il tè aiutasse a mantenersi giovani e immortali. Regole ad oggi ancora valide.
Una curiosità: il tè, in realtà, si dovrebbe bere senza zucchero e infatti durante la dinastia Tang il vocabolo tè veniva rappresentato con un insieme di ideogrammi che indicavano proprio la parola “amaro”. Alla base c’era il concetto legno, in cima quello dell’erba e tra i due la parola gente che stava a significare proprio l’armonia tra l’essere umano e la natura.

La cerimonia del tè raggiunse poi il suo massimo splendore sotto la dinastia Song (960-1279). Scrittori e letterati organizzavano speciali Garden Tea Party in sale da tè sperdute sulle montagne sacre accompagnando queste feste con la scrittura di poesie e racconti mentre s’impegnavano al contempo nell’affinamento della sua preparazione. Venivano chiamati “Contest of tea”, vere e proprie gare in cui si riconoscevano la migliore acqua, il miglior raccolto e il miglior produttore, eleggendo cosi l’esperto dell’anno nella preparazione e nella degustazione di una tazza pregiata di tè.

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